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COMISO E COMISANI

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UNA LEGGENDA COMISANA

Nel 15° capitolo del libro "VICENDE STORICHE DI COMISO" l'autore can. Flaccavento dichiara di aver trovato solamente due leggende d'ambiente prettamente comisano.
Una, "I DUE COMPARI", risulta ispirata ad un tragico fatto di cronaca.
L'altra, " IL CONTE ASSEDIATO", ha come protagonista il patrono San Biagio; lo storiografo comisano precisa che la vicenda in questione
può avere un fondo storico, ma dall'elemento sovranaturale viene elevata al rango di vera e propria leggenda.

In questa pagina viene riportata integralmente la narrazione dell'evento leggendario, anche per dare un esempio di prosa comisana di circa un secolo fa.






La leggenda del CONTE ASSEDIATO

Uno dei nostri conti era, non si sa quando e da chi e perché, assediato in questo suo castello e con lui tutta la città.
La cosa durava da un pezzo, e il feudatario cominciava ad impensierirsene, tanto più che le provviste diminuivano a vista d'occhio, e, per il blocco, non c'era modo di provvedersene.

Il conte trascorreva le notti insonni, agitate da mille pensieri dolorosi, e passeggiava, passeggiava per gli anditi bui del maniero, in preda ai più tristi presentimenti.

Quand'ecco una notte presentarsi a lui, circonfuso da una luce vivissima, un vecchio venerando in paludamenti vescovili, il quale fermandolo, mentre gli si manifestava per il patrono S. Biagio, annunziavagli come la penitenza di quell'assedio, che tanto affliggeva lui e Comiso tutta, finalmente sarebbe finita, qualora l'indomani avesse digiunato ed eseguito un certo suo consiglio.

"Ebbene io digiunerò, come voi volete; ma che consiglio potete darmi, padre mio, - esclamò il conte spaventato da quella visione inaspettata - se ho tentato tutti i mezzi suggeriti dall'arte bellica, per districarmi da un assedio così tenace e macerante, che mi ha ridotto all'impotenza?"

"Sentimi - rispose il vecchio Vescovo -, va nel sotterraneo che sai e di lì portati fuori. Nell'aperta campagna vicina t'imbatterai in un pastorello carico di ricotta calda, fattela vendere tutta. Quando poi ritornerai qui, gettala a poco per volta dal torrione agli assedianti, e vedrai che l'assedio sarà tolto". Ciò detto, sparì.

Il conte, che era molto pio, non lasciò inascoltato il consiglio, e l'indomani, infilato il lunghissimo e buio sotterraneo, non si fermò finché non riuscì fuori in piena campagna, per la quale, giusto allora, passava davvero il predetto pastorello con un carico di ricotte, diretto non si sa dove.
Lo chiamò, gliele richiese tutte e, pagategliele lautamente, se ne tornò per la stessa via al castello.

I suoi cortigiani e la famiglia, i quali erano non poco meravigliati della sua lunga assenza, allorché se lo videro davanti stanco e trafelato, e per giunta carico di tutta quella roba, non seppero che cosa pensare.
Ma compresero il tutto, quando il conte, dopo comandato al trombetta di suonare sul campo degli assedianti il segno della resa, si diede a buttare su gli accorsi quelle ricotte a una a una, invitando il loro duce a venire a prendersi il resto, se ancora ne desiderava.
Il che, avendo alla buon'ora persuaso questi e i suoi dell'impossibilità di prendere la torre per fame, lo indusse a togliere l'assedio.

In tal modo castello e paese furono salvi.

E poiché, dopo che il feudatario ebbe narrato a tutti dell'apparizione avuta, si vide manifesto in quell'avvenimento un segno straordinario della possente protezione del patrono S. Biagio....




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